Nato con animo e talento artistico, fin dalle elementari consigliarono i miei familiari di farmi seriamente frequentare lo studio di uno scultore mio compaesano, già noto a livelli nazionali. Per varie ragioni, purtroppo, questo consiglio non venne seguito e non riuscii neppure a farmi iscrivere al liceo artistico.
Dopo la maturità scientifica, quindi, conscio che architettura era fin troppo schematica per quello che sentivo in me, optai per l’ interior design e per una disciplina che mi sembrava potesse avvicinarsi maggiormente alla mia idea di creatività.
Questo percorso, pieno di entusiasmanti esperienze e di brucianti delusioni, è sempre stato caratterizzato da un atteggiamento progettuale tendente alla ricerca del ludico, del divertente: ogni mio oggetto, qualsiasi creazione è stata infatti concepita per dare libero sfogo alla parte giocosa del mio essere, cosa che si riscontra, credo, anche nel logo animato che apre la homepage del mio sito.
Penso che tale atteggiamento sia facilmente riscontrabile da chiunque si approcci –anche per la prima volta- al mio lavoro: basta guardare la sedia Reader, o gli oggetti in mosaico piuttosto che quelli in pietra leccese.
L’altra grande caratteristica che ho sempre cercato di seguire è stata la sostenibilità dei materiali usati e, di conseguenza, il basso impatto ambientale da dare a tutti i miei oggetti tramite il costante ricorso alle serie limitate: non ho mai rincorso la grande serie, scegliendo così un percorso lontano dai riflettori e dalla ribalta ma di alta soddisfazione personale.
Tale soddisfazione è poi stata amplificata da una ulteriore volontà, ovvero quella di lavorare a stretto contatto con gli artigiani, nei loro laboratori carichi di storie ed esperienze sulla cultura del fare, e con le cosiddette “maestranze”, gli operai addetti agli allestimenti delle mostre culturali.
Queste frequentazioni mi hanno profondamente segnato e sono la parte che più felicemente conservo nei ricordi di questa trentennale carriera all’ombra di personaggi molto più famosi.
Sono, però, anche direttamente responsabili di ciò che è poi diventato anche il mio percorso artistico, mai sopito e portato avanti in maniera privata con disegni al tratto e acquarelli, per diverso tempo le mie tecniche espressive preferite.
Seguendo la mia inclinazione e superando nel corso degli anni il figurativo, ho iniziato a pensare ed elaborare una personale linea artistica astratta e concettuale che ha camminato parallelamente alla mia esperienza come designer e modellista di oggetti in scala ridotta, prendendone diversi aspetti e punti di riferimento.
Proprio per la dimestichezza con le componentistiche minime degli oggetti di uso comune come tavoli, sedie, armadi, elettrodomestici, ecc., ovvero chiodi, viti, cavi e minuterie metalliche varie, ho iniziato a pensare ad una trasposizione artistica di questi elementi quasi come se fossero una rappresentazione simbolica di un riscatto sociale delle persone più umili ma, anche, spesso più utili per far andare avanti bene il mondo, lavorativo e non solo.
Questa concezione si è sposata immediatamente con l’altra grande ricerca che ho portato avanti, quella del recupero e del riutilizzo di scarti di lavorazione di tante aziende conosciute tramite l’attività di designer.
In particolare, ho attinto molto materiale di scarto da una azienda dell’hinterland milanese che crea orologi moderni decorativi e da parete.
I pannelli restanti dopo il taglio laser e privati delle forme necessarie all’azienda, di svariate fogge, dimensioni e materiali, restavano inutilizzati e venivano buttati in grandi quantità.
Io ho iniziato a recuperarli e a farne arte col nome di Sc-art.
La prima testimonianza di questo mix tra pannelli di scarto e minuterie metalliche risale al 2007 ed è il quadro “Minuterie meccaniche”, presentato nel 2015 al concorso “Arte in Arti&Mestieri” di Suzzara (Mantova), dove ottenne apprezzamenti e una segnalazione meritoria, oltre alla pubblicazione sul catalogo della manifestazione.
Da quel momento è iniziata la mia seconda vita, quella che avrebbe in realtà essere la principale: quella di artista.
A queste ricerche sono seguite i Percorsi/Itinerari di vita e le Traiettorie balistiche, sempre realizzate tramite componenti metalliche come fili, cavi, viti speciali e simili, nel proseguimento della mia concezione artistica di riproposizione metaforica, su supporti recuperati, di esperienze reali di vita, in particolare modo di ogni esistenza che pare trascurata ma che risulta fondamentale per tante altre persone.
Questa visione viene certamente dall’aver sempre lavorato a stretto contatto con le cosiddette “maestranze”, quell’esercito di persone che stanno dietro alle grandi mostre e ai personaggi famosi, coloro che rendono possibili i grandi eventi senza apparire mai, oppure con i laboratori in cui artigiani abilissimi riescono a mettere insieme le opere e i progetti di artisti di chiara fama.
Il desiderio di “risarcire” o, comunque, dedicare a tutti costoro qualcosa che nascesse proprio dagli scarti ha ispirato tutto quello che costituisce la mia arte.
Tale percorso, lungi dall'essere concluso, prosegue con le ricerche chiamate Conflitti in Rete e la derivata Vita in Rete, nelle quali l'elemento metaforico principale è la rete antisdrucciolo che sta sotto ai tappeti per non scivolare ed evitare cadute: un materiale umile ma utile, solitamente nascosto a favore del protagonista-tappeto, e proprio per questi aspetti perfetto per essere innalzato a dignità artistica essendo poi la esatta rappresentazione di ciò che si desidera descrivere: la Rete, il web e la nostra dipendenza dalla connessione online, con tutte le sfaccettature che vi si possono trovare.
Lo pseudonimo di APE, derivante da nome e cognome, sottolinea la mia attitudine . quella di andare di ricerca in ricerca senza rimanere troppo a lungo su un tema in particolare, attratto da mille intuizioni e novità, proprio come il laborioso insetto che, di fronte a un campo di fiori, va da uno all'altro impollinandosi e portando la sostanza ovunque, senza portar via tutto il nettare e senza restar troppo sullo stesso fiore. Lungi dal voler essere superficiale, ciò è dato dal desiderio di conoscenza e dalla consapevolezza che c'è troppo poco tempo per la moltitudine di cose da vedere o provare.